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Giuseppe Giannini: Un principe per Capitano

Giuseppe Giannini capitano della Roma

Un principe tra due regni

Un principe tra due regni ingombranti, quello di Falcao e quello di Totti. Troppo giovane per sentire suo lo scudetto del 1983 e ormai ex nel 2001. In mezzo una carriera che in parte ha diviso ma, prima ancora che campione o fuoriclasse, regista o fantasista, limite o valore aggiunto, Giannini è stato capitano della Roma. Se Totti è stato “la Roma”, come recitava la coreografia della Sud nel giorno del suo addio, Giuseppe Giannini è stato, più di ogni altro, il “tifoso della Roma”. Non lo ha semplicemente rappresentato ma ne è stato l’incarnazione, nel suo corpo ha vibrato per più di dieci complicatissimi anni l’anima del tifoso della Roma. Giannini ha somatizzato sulla sua pelle gli sbalzi di umore di un popolo emotivo come pochi. Ha oscillato continuamente tra le onde alte dell’entusiasmo e forti risacche depressive. Senza esserne mai schiacciato, resistendo a tutto sospinto da un amore incondizionato per i colori che ha indossato con infinito orgoglio.

Giuseppe Giannini esulta
Giannini si dispera dopo il palo di Roma-Torino

Cosa è stato Giannini capitano della Roma

Giuseppe Giannini è stato l’illusione che andato in pensione Falcao ne fosse nato un altro, più elegante e più bello se possibile. Gli schiaffi in faccia di Barbas e Di Chiara in Roma-Lecce. Per diverse stagioni il giocatore più forte di una Roma che forte non era. Il simbolo di rivincite fallite per un niente, come nella finale Uefa con l’Inter o per il gol di Vavra con lo Slavia Praga. O come quando il palo gli ha respinto il sogno di una incredibile rimonta nella finale di Coppa Italia contro il Torino. E’ salito senza paura sulle montagne russe emotive del derby, volando in Paradiso con Mazzone e precipitando nell’Inferno di un rigore fallito. Ha sventolato la maglia come una bandiera e versato lacrime di rabbia per un gol-salvezza a Foggia. E’ stato la fierezza di vedere un romanista punto fermo della Nazionale e la beffa di un Mondiale giocato in casa e sfumato ai calci di rigore. La burla del destino in un cartellino giallo sventolato a Firenze che non gli ha permesso di salutare l’Olimpico con la maglia della Roma addosso. E’ stato capitano in esilio, presentandosi in Austria con la sciarpa della Roma al collo. Ha pagato la frustrazione della tifoseria romanista per lo scudetto della Lazio con il conto salatissimo di un addio al calcio finito in malo modo. Primo padrone della maglia numero 10 e idolo di Totti bambino. Giuseppe Giannini è stato tante cose, per pochissimo non è stato molto di più, probabilmente mai Re, di sicuro un vero capitano della Roma. A lui il tifoso romanista dovrebbe delle scuse, ma forse basta un “Grazie, è stato bellissimo avere un principe per capitano”.