Amedeo Amadei mai contro la Roma
Il successo in quegli anni è labile come tutto il resto e la fortuna volta le spalle al fornaretto, oramai per tutti Ottavo Re di Roma. Dietro l’angolo c’è addirittura una squalifica a vita per un presunto calcio ad un guardalinee in un Roma-Torino di Coppa Italia. A seguire la guerra, con il forno distrutto dal bombardamento alleato nel giorno dell’armistizio. Fatti che caricano di preoccupazione la paternità giunta nel frattempo. Terminato il conflitto bellico la carriera riprende grazie ad un’amnistia ma la Roma non è più quella di prima, afflitta da una crisi sia tecnica che societaria. Per salvare i conti l’unica via è vendere Amedeo Amadei ad una delle tante pretendenti del Nord. La più decisa è l’Inter e Amadei va a Milano spiegando che, qualora la società non fosse stata in cattive acque, non avrebbe mai lasciato Roma. E impone ai suoi nuovi dirigenti, ora dell’Inter e in seguito del Napoli, la condizione di non schierarlo contro la Roma se questa avesse avuto bisogno di punti. Perché “non potete pretendere che pugnali mia madre”. E infatti il primo aprile 1951 si rifiuta di scendere in campo con il Napoli contro una Roma nel pieno di una lotta salvezza che perderà qualche settimana dopo. Amadei, sapendolo, scoppia a piangere negli spogliatoi. Nel rispetto di un patto d’amore non previsto dai codici del professionismo di oggi. E che possiamo comprendere soltanto chiudendo gli occhi e immaginando un ragazzino che nel 1935 corre in bicicletta lungo l’Appia per realizzare il suo sogno. Diventando così, quel giorno stesso, Amadei bandiera della Roma.